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Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?

Per il dizionario De Mauro l’intelligenza artificiale (IA) è l’«insieme di studi e tecniche che tendono alla realizzazione di macchine, specialmente calcolatori elettronici, in grado di risolvere problemi e di riprodurre attività proprie dell’intelligenza umana», ma non c’è ancora una definizione universalmente riconosciuta, forse anche per la – oramai relativa – novità dell’argomento.

Io, Robot (il film)

Per alcuni di noi il pensiero è inquietante, sia nell’accezione di IA debole (per esempio l’IA di un robot in grado di simulare solo alcuni processi cognitivi umani) che in quella di IA forte (per esempio l’IA alla quale ci hanno già introdotto alcuni film, uguale se non superiore a quella umana).

Nel primo caso temiamo – non a torto, pensando per esempio ad Amazon – soprattutto la perdita di posti di lavoro; il fatto che delle ‘macchine’ sostituiscano gli uomini in alcuni compiti non è certo una novità, ma con il progredire della tecnologia i compiti sostituti si fanno sempre più complessi e sempre più persone rischiano il posto di lavoro (e non solo quello). Elon Musk ha recentemente sottolineato la necessità di regolamentare l’IA, perché alcune sue applicazioni potrebbero, ad esempio, cambiare rapidamente e drasticamente gli equilibri di geopolitica.

Sappiamo tutti che si stanno sperimentando auto che si guidano da sole (ottime per quelli come me che non amano guidare) e anche se adesso sono ancora in fase sperimentale probabilmente a breve diventeranno normali, chissà con quali effetti sul traffico e, soprattutto, sulla sicurezza delle persone.

Il secondo caso, però, è quello che mette a repentaglio anche professioni ‘intellettuali’, persino artistiche. Se l’IA sostituirà attori (e il film Avatar ci ha dato un assaggio di come potrebbe essere) e scrittori (recentemente in Giappone un romanzo scritto da un IA ha vinto un premio letterario), chirurghi e, perché no, programmatori e CEO, noi umani che faremo? come ci guadagneremo da vivere? Potremo dedicarci solo a quello che ci piace e lasciare ogni compito sgradito o faticoso alle ‘macchine’? E queste ‘macchine’ sarebbero così gentili da lasciarci prosperare senza disturbarci?

AI (il film)

Anche senza scomodare l’immaginazione degli autori di fantascienza non è detto che le cose vadano in questo modo, almeno non per tutti. Se la creatività intesa come sintesi di una grossa mole di dati per creare qualcosa di nuovo sembra anche a portata di ‘macchina’, tant’è vero che già si utilizzano big data e AI per creare campagne di marketing, l’utilizzo dell’immaginazione, la passione e l’empatia sembrano (per fortuna) essere ancora doti solo umane. Le macchine non  sanno (ancora?) creare qualcosa di veramente originale dal nulla, questa resta per ora una caratteristica umana, una delle più belle e utili.

“La macchina è in grado di prendere decisioni seguendo schemi generali, ma non è ancora in grado di compiere delle scelte in termini morali  o  creare connessioni inusuali per risolvere un problema in modo nuovo ed originale, immaginare ed esplorare nuove dimensioni, comunicare empaticamente emozioni profonde, creare relazioni di vicinanza con gli altri e avere il coraggio di rompere le regole del gioco intenzionalmente.  Un sistema di intelligenza artificiale solitamente rimane in un certo spazio predeterminato di possibilità, che può anche essere casuale,  ma che non arriva ancora ad esplorare in modo efficace nuovi spazi concettuali. Non possiamo prevedere se e quando questi limiti verranno superati. E’ il viaggio interiore, quello immaginato, che caratterizza l’espressione più alta di creatività umana.” Maurizio Goetz 2016

 

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